Sull ’origine di questo nome curioso
sono aperte tutte le ipotesi e le fantasticherie possibili, non essendoci nessuna
versione ufficiale e accreditata.
Papà non è il padre ma il prete, il pope, si, proprio quello che incontrate per le stradine delle isole quando siete in vacanza, quello con la barba lunga, i capelli raccolti e l’abito lungo e nero.
Giachnì invece è una modalità di cottura che prevede prima un soffritto di cipolla, eventualmente l’aggiunta di pomodoro, successivamente dell’’ingrediente principale che dà il nome alla ricetta e del liquido di cottura.
Con questi presupposti e a rigor di
logica potremmo dedurre quindi che è stato qualche prete per primo
a cucinare un qualche pesce in questo modo e a farlo conoscere in
giro per il paese. Alcuni sostengono siano stati i monaci del Monte
Athos. Non mi sento di escluderlo, d’altronde so benissimo quanto
pesce consumano i monaci nei monasteri in cui la carne è bandita e
quanta fantasia ci mettono per inventare sempre ricette nuove,
caratteristica di tutti i cuochi questa, monaci e laici.Papà non è il padre ma il prete, il pope, si, proprio quello che incontrate per le stradine delle isole quando siete in vacanza, quello con la barba lunga, i capelli raccolti e l’abito lungo e nero.
Giachnì invece è una modalità di cottura che prevede prima un soffritto di cipolla, eventualmente l’aggiunta di pomodoro, successivamente dell’’ingrediente principale che dà il nome alla ricetta e del liquido di cottura.
Mia mamma che è stata uno dei fornitori
ufficiali di prodotti di mare di un grande monastero femminile,
preparava casse su casse di pesci, molluschi e crostacei quando
arrivavano gli ordini e qualche volta chiedeva qualche ricetta!!!!
Ma alla fin fine a noi cosa interessa
dell’origine del nome? E’ bello, suscita interrogativi che non
hanno risposte il chè lo rende intrigante, e il piatto è
delizioso; a patto però che il pesce che si utilizza abbia la testa
nella pentola e la coda nel mare. Tanto fresco deve essere perché la
ricetta dia il suo meglio.
Il pesce: a Karpathos usano lo scaro
e su questo pesce ne ho delle belle da raccontare e cercherò di farlo quanto prima.
Per ora dico che gli intenditori e buongustai isolani, se lo scaro è stato
pescato con la rete, non lo puliscono dalle interiora e non lo
squamano. Affermano che dallo sforzo di sprigionarsi dalla rete si
autopulisce. Povero scaro …..Fanno semplicemente una piccola
incisione sotto la pinna destra per togliere la bile e basta. Dicono
che il quinto quarto del pesce con tutto quanto contiene sia una
leccornia impareggiabile. Personalmente non lo so, ma giuro che
quando andrò a Karpathos sarà una delle prime cose che mangerò!
Variazioni sulla ricetta ci sono come
sempre quando si parla di cucina greca. Prima di tutto il pesce che
se per tanti è lo scaro, per altri è meglio la triglia di fango ,
mentre per altri ancora il pesce più adatto è lo scorfano.
C’è chi sostiene che l’aglio sia
del tutto fuori luogo, mentre per altri le erbe aromatiche sono
imprescindibili.
Fate un po’ voi!
Ingredienti: (per 2 – 3 persone)
- 500 gr. di pesce (skaro, triglie di fango, skorfano)
- 5 - 6 cucchiai da minestra di olio evo
- 2 grandi pomodori maturi se è la stagione giusta (in alternativa una scatola di pomodori pelati)
- 1 spicchio di aglio tritato
- 1 cipolla bionda o bianca tagliata a filetti
- 30 ml di aceto bianco
- 1 cucchiaio da minestra di succo di limone
- sale
- pepe nero macinato fresco
Procedimento: (preparazione 10 min.
– cottura 30 min.)
Se è la stagione giusta e i pomodori
che si utilizzano sono freschi, grattugiarli dai fori grossi della
grattugia raccogliendo polpa e succhi. Se sono pelati schiacciarli
con una forchetta per ridurli in poltiglia.
In una casseruola larga e bassa versare
l’olio, aggiungere la cipolla e farla stufare per 10 minuti a
fiamma bassa. All’ occorrenza, se asciuga troppo, versare uno/due
cucchiai di acqua calda. Unire poi lo spicchio di aglio e continuare
per un minuto ancora.
Aggiungere i pomodori, freschi o pelati
che siano, salare leggermente , macinare del pepe nero, mescolare e
cuocere per circa 15 minuti sempre a fiamma bassa, finchè parte dei
liquidi non sia evaporata e la salsa abbia raggiunto una certa
densità.
Versare l’aceto, il succo di limone,
mescolare e adagiare i filetti del pesce sulla salsa.
Versare sopra qualche cucchiaio di
salsa, coprire e cuocere per circa 10 minuti. Il tempo di cottura del pesce è indicativo, dipendendo dal tipo di pesce e dalla grandezza dello stesso. Girare una sola volta
con delicatezza.
Poco prima di finire la cottura
aggiustare di sale se necessario.
Servire come secondo piatto oppure alla
greca che è sempre meglio, come piatto unico accompagnato dal
immancabile buon pane e da insalate cotte e/o crude di stagione.
3 commenti:
Bella storia e piatto. Personalmente la farei per me con le triglie di fango, lo scorfano o scarpena mi piace aperto a libro, solo un pò d'aglio ed in forno quasi secco poi cotto in piatto un filino d'olio e del prezzemolo.
Prendo nota e come già fatto un altro dei tuoi piatti ora farò questo. Buona anno ancora, buon proseguimento e buona fine settimana.
@edvige
grazie cara. Buon anno anche a te.
un abbraccio
le tue ricette mi incuriosiscono tanto , ho delle triglie a casa e quasi quasi....Buon Anno Irene, un bacione
Posta un commento